Il “campione normale” vince ancora
Matteo Eydallin, il campione valsusino di scialpinismo, si racconta in un’intervista che ne esalta lo spirito scanzonato e anticonvenzionale. Dalle Alpi torinesi alle montagne del mondo sulle ali dei suoi primati sportivi.
Trionfa anche nelle Olimpiadi 2016 degli Alpini: Matteo Eydallin, classe 1985, vince la gara notturna scialpinistica a Sestiere, sotto le stelle della sua valle. Eppure è un ragazzo scanzonato e spiritoso e che, come tutti i giovani, ama fare le ore piccole la sera e alzarsi tardi la mattina. Fisico minuto e asciutto, occhi scuri e ridenti, ouéi risent come quelli del pastret di una nostalgica canzone occitana. E di terre occitane è figlio Matteo, terre dove chi ancora conosce quella lingua antica la insegna ai nipoti o ai bisnipoti; raramente ai figli, perché la tradizione ha saltato quasi sempre almeno una generazione, assorbita da un consumismo affannato e frettoloso, allontanatasi dalla cultura vera della montagna per inseguire stili di vita di pianura e di grande città. Stili dai quali Matteo cerca di tenersi lontano.
Il Roy Batty del Mezzalama
«Ho fatto cose che voi umani non potreste immaginare…» potrebbe dire, parafrasando Roy, il replicante dagli occhi di ghiaccio di Blade Runner. E Matteo Eydallin, di cose inimmaginabili ne ha compiute parecchie, lui che nello sci alpinismo è tra i migliori al mondo.
È stato campione europeo nel 2009. È stato campione mondiale e campione italiano assoluto nel 2011 e campione italiano nel 2013. Nel 2009 ha vinto la massacrante Pierramenta, quattro giorni nelle Alpi savoiarde, con migliaia di spettatori, un Tour de France dello sci alpinismo. Il trofeo Mezzalama, ovvero la maratona dei ghiacciai, la classicissima di scialpinismo più alta delle Alpi, l’ha vinta ben tre volte, nel 2009, 2013 e 2015 ed è l’unico uomo al mondo a poter vantare finora un simile tris.
Sci alpinismo – lo sport che va d’accordo con la montagna
«Mi sono dedicato allo sci alpinismo – dice Matteo – perché è lo sci vero, così come è nato, è l’essenza autentica dello sport invernale in montagna, è contatto diretto con il pendio, sforzo per conquistare la soddisfazione della discesa. È sofferenza che non è masochismo, ma quel piacere antico e sempre autentico di provare come ci si sente dopo la fatica. Una fatica che fa crescere autostima e adrenalina e che dà motivazioni forti». Il suo italiano è lievemente cadenzato dal sentore di quell’occitano che suo padre ha mantenuto in vita parlandolo. E il suo cognome valligiano sa della fierezza della Libera Repubblica degli Escartons, una delle prime federazioni democratiche al mondo, nata nel Trecento, unificata dalla lingua occitana parlata da tutti e prosperata per quattro secoli tra Italia e Francia a cavallo delle Alpi, che allora facevano da unione, non da confine, come adesso. Oggi, studiando quel fiorente periodo storico, gli antropologi hanno scoperto il “paradosso alpino”, secondo il quale il livello di istruzione e di apertura culturale di una comunità aumenta proporzionalmente alla quota.
Matteo, con la sua determinazione di andare controcorrente e di praticare lo sci più faticoso, è una dimostrazione vivente di questo paradosso.
Lo sci alpinismo verso le Olimpiadi
«Il lato più positivo di questo sport è che è ancora “pulito” – continua Matteo – dato che non girano alti interessi economici. Il doping, tranne rarissimi casi, non si vede e spero che non si veda mai». Comunque uno dei desideri di Matteo e di tanti come lui si avvererà: dalle Olimpiadi del 2022 lo sci alpinismo sarà inserito tra le discipline olimpiche. Certamente una vittoria per tutti coloro che lo praticano e che finalmente alzerà su questa disciplina l’interesse mediatico e economico. Ma Matteo è uno che la montagna la ama così, pura e dura, prima di ogni altro interesse: «Però, vuoi mettere la bellezza di quelle gare classiche, lunghe, non facilmente seguibili dal pubblico ma spettacolari e intensissime come il Mezzalama? Ecco, nelle Olimpiadi si farebbero gare più corte. Spero però che si riescano a far coesistere comunque i due tipi di gara, come nel ciclismo, per esempio».
Nel 2022 Eydallin sarà un po’ più stagionato ma chi sa che cosa potrebbe ancora combinare?: «Finché il fisico e la testa tengono botta continuo a fare gare. Poi io imparato che nella vita i programmi vanno fatti a breve termine».
Bravo, bello e pure saggio: chi di noi “umani” se lo poteva immaginare?
Paola Assom